Sabato 2 agosto 1980 ore 10.25
Venerdì 1 agosto 1980 mi trovavo con mio padre a Bologna. Avevamo posteggiato l’auto nei pressi della stazione centrale. Qualche minuto più tardi ci trovavamo davanti la sala d’aspetto della stazione, ignari di quello che sarebbe successo poco più di 24 ore dopo, avevamo preso un caffè, in attesa del bus che ci avrebbe portato all’Istituto Ortopedico Rizzoli dove ero atteso per una visita. L’indomani, insieme ai miei, mi trovavo sulla spiaggia di Rimini; la giornata era splendida, il cielo terso, una leggera brezza mitigava la calura estiva. Intorno alle 10.30, in lontananza, sentii un leggero brusio che di secondo in secondo si avvicinava, aumentando in intensità, fino ad arrivare agli occupanti della spiaggia intorno a me. Attraverso la radio si era sparsa la notizia, era scoppiata una bomba nella sala d’spetto di seconda classe della Stazione Centrale di Bologna. Il brusio si trasforma presto in un vociare confuso, lo scambio di notizie, i primi commenti. Alcuni sono più preoccupati degli altri, aspettano congiunti che sarebbero dovuti arrivare in treno passando per Bologna. Questi ultimi, in pochi minuti, raccolgono sdraio ed ombrelloni e fuggono via dalla spiaggia alla ricerca del telefono a gettoni più vicino o del telefono della pensione ove sono ospitati, alla ricerca di notizie dei loro parenti.
La strage di Bologna rappresenta, con i suoi 85 morti e oltre 200 feriti, il punto più nero della storia della nostra Repubblica e l’apice della cosiddetta “strategia della tensione” che era iniziata 11 anni prima. Il primo atto di questa strategia è fatto risalire, infatti, alla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 (18 morti e 88 feriti) all’interno della sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, seguita dalla strage di piazza della Loggia (Brescia – 28 maggio 1974 – 8 morti e 102 feriti) e della strage del treno Italicus all’altezza della stazione di San Benedetto val di Sangro (4 agosto 1974 – 12 morti e 48 feriti). Non vi è dubbio che tali eventi scossero profondamente l’opinione pubblica italiana e turbarono il sottoscritto che all’epoca, adolescente, viaggiava periodicamente sulla tratta Grammichele Messina: “trascorrevo tutto il tempo sul treno andando su e giù per le carrozze alla ricerca di possibili valigie lasciate incustodite”.
Anni bui, dunque, in cui si intrecciavano in un macabro “fil rouge” terroristi neo fascisti, servizi segreti deviati, le Brigate Rosse, la loggia massonica P2. Anche la mafia aveva intrapreso una strategia stragista in quegli anni, dopo i primi omicidi eccellenti (Mario Francese, Giorgio Ambrosoli, Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Emanuele Basile, Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Rocco Chinnici, Giuseppe Fava, Beppe Montana, Ninni Cassarà), la strage del Rapido 904, del 23 dicembre 1984 nella grande galleria dell’Appennino con 16 morti e 267 feriti, apre la strategia dello sparare nel mucchio che troverà compimento, qualche anno più tardi, con le stragi del 1992 e 1993.
Ma tornando alla strage di Bologna, sin da subito cominciano i depistaggi. Se per l’uccisione di Borsellino si è parlato del più grande depistaggio della storia del nostro Paese, la strage del 2 agosto non è da meno. L’iniziale errata interpretazione del Governo, che attribuiva lo scoppio ad un incidente fortuito, consentì agli esecutori dell’attentato di dileguarsi indisturbati. Ci sono voluti 4 processi per fare chiarezza, durante i quali sono stati riconosciuti definitivamente colpevoli Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, tutti neofascisti appartenenti ai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). Infine, nell’ultimo processo, chiuso con sentenza definitiva della Cassazione del 1 luglio 2025, anche Paolo Bellini, ex Avanguardia Nazionale organizzazione neofascista e golpista, è stato condannato per aver partecipato alla strage, in concorso con gli appartenenti alla P2 Gelli, Ortolani e Tedeschi e all’agente segreto D’Amato.
A seguito di queste verità processuali appare evidente, ma già lo era dal punto di vista storico, la matrice fascista della strage con la complicità della massoneria e dei servizi deviati. Però qualcuno sembra non esserne completamente convinto, mi riferisco alla Presidente del Consiglio che non ha partecipato alle celebrazioni di Bologna. Si è fatta sentire attraverso una nota con la quale ha garantito che il governo farà la sua parte per arrivare alla completa verità sulle stragi, definendo terrorismo feroce quello che ha subito Bologna, senza però citare la matrice fascista della strage.
Chissà, se prima o poi, la nostra Presidente del Consiglio ci dimostrerà di aver reciso definitivamente e con convinzione, il cordone ombelicale col fascismo ed il neofascismo. Ne va del futuro del nostro Paese.
Filippo Sileci