Riceviamo e pubblichiamo: “CORRUZIONE & MAFIOSITA’ “

RiceviamoRisultati immagini per corruzione e mafia e pubblichiamo, un interessante articolo a firma del f/to Cap. Salvatore Cannizzo, sul tema: “CORRUZIONE  &  MAFIOSITA’ “

In un recente report pubblicato sullo stato della  corruzione in Italia,  Transparency International, organizzazione internazionale composta da imprenditori, accademici, funzionari e privati,  che si occupa di prevenire e contrastare la corruzione a livello globale, ha reso noti i risultati della ricerca, posti a ragguaglio del valore 100. Dalle risposte fornite dagli italiani intervistati  è stata desunta la percentuale di seguito riportata:  11%  percepisce trasparente la nostra pubblica amministrazione;   27% è la percezione di integrità;   22%  le pari opportunità di accesso ai processi decisionali pubblici. Quindi, il voto complessivo assegnato al nostro paese è  20 su 100. Emerge che in termini di corruttela,  in Europa siamo secondi  alla Bulgaria. I risultati confermano l’assoluta debolezza del sistema Italia in termini di prevenzione e lotta alla corruzione, che si presenta sempre piu’ permeabile alla rappresentazione di una realtà difforme dal vero, corruzione perpetrata sia a livello individuale che espressione di centri d’interesse, organizzazioni delinquenziali e comitati d’affari. Si afferma nella realtà italiana la constatazione che la corruzione è intrisa di  mafiosità.  Spontanea sorge la domanda: La corruzione politico-amministrativa costituisce fondamento all’affermazione del pensiero mafioso ? La corruzione è causa delle ragioni delle crisi di lavoro, delle scarse   opportunità per i giovani, del  mancato e armonico sviluppo delle economie dei territori ? I sociologi e gli economisti convengono che effettivamente la corruzione in Italia, prudenzialmente  stimata in oltre 100 miliardi Euro, esplica effetti deleteri per tutto l’impianto economico-produttivo del sistema nazione; incalcolabile risulta il livello di  condivisione della percepita corruttibilità e accettazione del pensiero mafioso  parte della gente comune. L’avvertita deriva etico-morale è stata oggetto di una pubblica denuncia: infatti, già nel 2012 il Presidente della Corte dei Conti  ebbe a dichiarare …””“se anche conoscessimo la cifra di tutte le tangenti pagate in un anno, quel numero non rappresenterebbe il costo della corruzione ma solo la punta dell’iceberg, visto che non terrebbe conto di tutte le distorsioni che la corruzione produce”….. “La corruzione è un cappio che stringe alla gola l’Italia e gli toglie l’ossigeno delle risorse economiche  sottratte alle finanze pubbliche..””…. La nuova mafia si chiama corruzione che inquina i processi della politica, minaccia il prestigio e la credibilità delle Istituzioni, inquina e distorce gravemente l’ambiente e l’economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura democratica.  Bene, siamo arrivati alla dimostrazione che la corruzione, attiva o passiva, è fondamento di mafiosità ! La constatazione non è affatto approssimativa, poiché , nel merito, il Dr. Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nel settembre del 2015, dopo essere stato audito dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, darà ragione all’On. Rosy Bindi,  Presidente della Commissione d’Inchiesta, affermando …””La corruzione in Italia ? Mai combattuta. Per molte ragioni, non ultima il fatto che i corrotti sono sempre stati visti come dei furbi, gente che ci sa fare e che va negli uffici comunali con gli assegni in bocca per ottenere le licenze. Corruzione ed evasione fiscale sono il sostrato della criminalità economicamente organizzata. Come prova anche l’inchiesta su Mafia Capitale, la corruzione si è associata all’intimidazione, certo non l’ha sostituita: ma non si può in nessun caso negare che le mafie siano un elemento costitutivo delle società da cui hanno avuto origine, all’interno delle quali si sono affermate e da dove si sono propagate anche fuori d’Italia e fuori d’Europa proprio per effetto della vulnerabilità del sistema economico finanziario e delle istituzioni…””. Ora, non è che si scopre oggi l’esistenza del fenomeno della corruttela, ma certo è che essa ha  raggiunto livelli pericolosi di infiltrazione e condizionamento del sistema democratico-elettivo, caratterizzandosi come “nuova mafia”,  a tal punto da costituire vero pericolo per il grado di accettazione sia  nei gangli politico-amministrativi che culturali fra le coscienze dei cittadini italiani. In modo particolare, la corruzione politico-amministrativa appare essere, sempre più, un  problema cronico della società italiana. Invero, già conosciuta e oggetto di pubblico dibattito presso i Romani, la corruzione non ha mai smesso di scandire il susseguirsi delle vicende storiche del nostro paese. Ricordiamo la vendita delle indulgenze ai tempi di Papa Leone X, che generò, per ripulsa, la Riforma protestante, per passare poi, in anni più recenti, allo scandalo della Banca Romana, che travolse il governo Giolitti nel 1892/1893 e di cui parla anche Pirandello nel romanzo I vecchi e i giovani , per arrivare, ai giorni nostri, allo scandalo delle tangenti, indicato dai giornali  anche col nome di “inchiesta di Mani Pulite” o “Tangentopoli”. Uno scandalo che, nei primi anni Novanta, ha coinvolto imprenditori e uomini politici, che ha decimato la classe dirigente della cosiddetta Prima Repubblica. E per finire, all’attuale scandalo  della Banca Etruria e proselitismo nelle assunzioni alle Poste,  che vede coinvolti strettissimi familiari di Ministri in carica del Governo Renzi.  E’ bene ricordare che quando si parla di corruzione si fa riferimento a due reati specifici:

–  la corruzione propriamente detta, quando si offre denaro a un pubblico funzionario per riceverne dei vantaggi;

–  la concussione, quando è il pubblico ufficiale a richiedere una ricompensa in cambio di favori         

   da   elargire.

Dopo oltre 20 anni da Tangentopoli, è  percezione di tanti  che in realtà la corruzione  in Italia è ancora molto diffusa. Perché, allora, nonostante le condanne talvolta severe e i tragici prezzi umani  pagati da alcuni inquisiti, la corruzione continua a prosperare nel nostro paese? Molti hanno convenuto che l’Italia non sia ancora una democrazia forte e compiuta, con un mercato concorrenziale ben funzionante. Le procedure della pubblica amministrazione sono farraginose. Il modo di organizzare gli uffici eccessivamente burocratico e superato. Si lavora ancora sulla correttezza formale degli adempimenti e non sui risultati. L’interpretazione di norme, leggi e regolamenti intricatissimi lascia ampia discrezionalità al singolo funzionario e crea gli spiragli favorevoli per l’infiltrarsi della corruzione. Resistono, tuttavia,  anche dei motivi culturali. Lo Stato è spesso percepito, forse a causa dello storico susseguirsi di dominazioni straniere, come qualcosa di estraneo, di antagonista. L’arricchimento è considerato dagli italiani come il principale segno di distinzione e di superiorità sociale. Spesso succede che l’aristocrazia del denaro è l’unica gerarchia riconosciuta. I soldi facili costituiscono una tentazione cui, ai più, è difficile resistere. Anche il potere lo si acquisisce col denaro, più che con la competenza. Il tornaconto personale, l’appartenenza a una famiglia, un clan, una corporazione professionale hanno sempre la meglio, nel Belpaese, sul rispetto per il bene comune e l’interesse collettivo. Uno studioso anglosassone ha stigmatizzato questa insufficienza etica degli italiani, definendola “familismo amorale” . Forse persino la nostra appartenenza alla religione cattolica, al contrario di quanto avviene nell’ambito della religione protestante o addirittura calvinista, ci abitua ad essere indulgenti verso le nostre debolezze e i nostri peccati, accettando l’assoluzione piuttosto che la condanna e l’espiazione. Valori di civismo molto diffusi in democrazie molto più mature della nostra, trovano da noi un’adesione soltanto formale, di facciata. La vita pubblica italiana scorre da sempre sul doppio binario morale dei vizi privati e delle pubbliche virtù, del predicare bene e razzolare male. La corruzione, intanto, non soltanto crea ingiustizia, ma danneggia pesantemente anche la vita economica del paese. Quando i giochi sono truccati, a vincere sono coloro che violentano le regole,  non i più bravi. Se l’azienda che vince un appalto pubblico, per esempio, costruisce opere malfatte, inutili, o impiega cemento depotenziato a costi altissimi, il danno che ne deriva alla collettività è immenso. “Ungere le ruote” diventa la prassi abituale se l’appartenenza a un clan criminale, economicamente organizzato, fa premio sul merito; nelle scuole, negli uffici, negli ospedali, nelle aziende, nella vita economica in genere di un paese corrotto, vinceranno i mediocri, mentre i più competenti rischieranno di essere esclusi. La corruzione si può battere, anzi, si deve battere, se si vogliono vincere le sfide della globalizzazione. Riformando la giustizia, rendendola più celere, riducendo il numero delle leggi, aumentando la loro efficacia anche in termini di certezza della pena, migliorando la trasparenza degli atti della pubblica amministrazione; sfoltendo, nello stesso tempo, il numero di funzionari, remunerandoli meglio e rendendo più efficiente il loro lavoro. Inoltre, è necessario creare le condizioni per una maggiore collaborazione fra gli Stati nel perseguire gli illeciti. E, soprattutto, bisogna che gli italiani riacquistino i valori di responsabilità e di rispetto verso le regole, nella consapevolezza che l’interesse generale così conseguito è, in ultima analisi, se soltanto si cerca di superare una visione miope della realtà, l’autentico e vero interesse di tutti noi cittadini.

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